Un Messico napoletano – da bandadicefali.it
«Il fetore si mescola all’ebbrezza / della vita che non è vita»
Per Pasolini la periferia era un luogo antropico, capace di preservare un’umanità intatta, genuina e senza tempo. Un idea di luogo che sarà spazzato via dal boom economico e dalla dittatura del consumismo in grado di produrre una mutazione antropologica di cui lo stesso Pasolini anticipò tutti i rischi nei suoi Scritti Corsari. L’idea di periferia di oggi è figlia di quella mutazione e di un modello di Città che tratta le Periferie come corpi estranei da raccontare con un linguaggio coloniale che oscilla tra securitarismo e commiserazione. Per questo assume una significativa importanza la scelta di Roberto Nicolucci Editore di ripubblicare, dopo quasi trent’anni dalla prima edizione, Un Messico Napoletano di Peppe Lanzetta.
Anna “la Rossa”
Il libro racconta le peripezie di Anna detta “la Rossa”, una ragazza diciannovenne, in arco di tempo breve, che va dalla primavera all’ultimo dell’anno. Una vita inquinata dal contesto sociale, che mette la protagonista di fronte a una scelta: essere come la mamma, una casalinga sola e insoddisfatta, schiacciata da un marito invertebrato e dai troppi figli oppure seguire la sirena di Marco, il fidanzato devastato dall’eroina, che ha le voci di Luca Carboni, le Posse, Annie Lennox ed essere assorbita, travolta, ferita, umiliata, schiacciata, sfregiata da un vortice di miserie umane.
Due stelle di periferia
Anna detta “ La rossa” e Marco, sembrano quasi uscire dalla canzone di Lucio Dalla per rappresentare il destino comune di chi vive in una periferia mondo, come a dire che non c’è differenza tra Scampia, lo Zen di Palermo e Quarto Oggiaro a Milano. A essere raccontata nel libro di Lanzetta è la città di Anna “la rossa”: eccessiva, carica di umori, odori, sesso. Una città sproporzionata come il Brasile sognato, immaginato, desiderato dalla “rossa”. Un sogno che la penna di Lanzetta fa alimentare e crescere tra Via Bakù, Via Ghisleri, le Vele, i palazzoni di edilizia popolare e che diventa l’unica porta di fuga da una vita che non prevede una via d’uscita, perché dentro lo squallore metropolitano in cui lo scrittore cala il lettore, si salva solo chi sa sognare.
La Napoli città mondo
Nella città della “rossa” la camorra non è protagonista, anche se c’è, si vede, si percepisce e alla fine incide nel destino dei protagonisti. Nella città della “rossa” non c’è neanche spazio per il vittimismo. Perché non c’è niente di buono nell’essere vittima. C’è invece la rabbia, l’odio e il desiderio di vendetta che si insinua nell’organismo come un virus e infetta le coscienze. Per questo la Napoli della “rossa” è una città mondo che condensare in sé la dicotomia tra bene e male, tra sogno e incubo, tra bellezza e disperazione, tra amore e violenza, tra l’odore del mare e la puzza delle periferie inquinate.
Un Messico napoletano
Un Messico napoletano è un libro immortale che affronta temi universali come l’amore, la perdita, la ricerca di identità e l’alienazione, la disillusione e la ricerca di significato nella vita. La scrittura densa e poetica di Lanzetta ci rende spettatori della folle corsa a rotta di collo della “rossa”, che è molto di più di una protagonista di un libro: è un tatuaggio indelebile sulla pelle che non va via se non a prezzo di grandi cicatrici.
Fabio D’Angelo