I proventi della vendita di questo volume
saranno devoluti in beneficenza alla Lega del Filo d’Oro
Che cos’hanno in comune, Claude Monet, Woody Allen e Renzo Piano? Cercheremo di scoprirlo sfogliando le pagine di Fatti per unire. Ponti nell’arte tra Messina, Roma, Genova e il fiume Kwai, un volume che raccoglie una selezione di ventidue immagini scelte di ponti, dai più celebri ai meno noti.
Il nostro sarà un viaggio a tappe – una per ogni ponte scelto – che ci porterà a spasso tra i più disparati campi dell’arte: dalla pittura all’architettura, fino alla fotografia e al cinema.
Attraverseremo idealmente i ventidue ponti selezionati da Roberto Nicolucci che, nell’introduzione, così descrive il progetto: “Quella che segue è una minima antologia, rigorosamente non annotata, delle migliaia di immagini di ponti antichi e moderni sparsi nel mondo, ottenuta facendo cortocircuitare architettura, cinema, fotografia e pittura”.
Il tour ideato da Nicolucci ci permetterà di muoverci nello spazio, ma anche nel tempo perché l’antologia “si snoda lungo duemila anni: dal ponte di barche dei primi rocchi della Colonna Traiana fino all’ultimo ponte, gravido di memoria e speranza: il viadotto Genova San Giorgio, sorto dalle circostanze più rovinose della nostra storia recente”. Ma è verso la metà del volume che l’apparizione dei ponti della contea degli Hobbit e de Il Signore degli Anelli, inventati dalla penna di Tolkien, consente di allungare il cammino, e lo sguardo, verso mondi paralleli e fantastici.
Avremo, poi, dei compagni di viaggio d’eccezione: i già citati Claude Monet, Woody Allen e Renzo Piano, ma anche – tra gli altri – Domenico Ghirlandaio, Salvator Rosa, Vincent Van Gogh, David Lean e Santiago Calatrava.
L’idea di creare un’antologia intorno al “ponte” e alle sue diverse declinazioni, nasce anche, e soprattutto, dalla volontà di riscoprire quello che i ponti hanno ancora da dire. I ponti inseriti nell’antologia, infatti, sono estremamente diversi tra loro: il ponte di barche della Colonna Traiana, scolpito nel marmo, il ponte di vetro progettato da Santiago Calatrava per la città di Venezia, il ponte di Brooklyn e, ancora, il celebre Ponte Milvio.
Eppure, queste complesse opere artistiche e ingegneristiche, ci consegnano, veicolandolo attraverso la bellezza, tutte lo stesso messaggio. Nella prefazione, che si avvale della penna del Ministro delle infrastrutture e dei trasposti Matteo Salvini, si legge infatti: “Ponte come sinonimo di unione. Abbraccio. Concorso di genti diverse. Luogo di scambio. Ghiotta occasione di racconto”.
E così, il vetro del ponte di Calatrava, il marmo della Colonna Traiana, gli intrecci d’acciaio del ponte di Brooklyn diventano le lettere di un alfabeto che si fa linguaggio e si condensa nelle parole che Renzo Piano ha pronunciato in occasione dell’inaugurazione, nell’agosto 2020, del nuovo Ponte Morandi: “Un ponte fa esattamente il mestiere opposto a quello che fa un muro”.
Ma se il mestiere di un muro è quello di dividere, il mestiere di un ponte è, di conseguenza, quello di unire, di favorire l’incontro: un ponte si attraversa, un ponte si ammira, un ponte salda un tratto di mare stringendo in un abbraccio due regioni di uno stesso Paese. Da un ponte, infine, si contempla il mondo e si osserva la vita (e anche per questo sono amici dei ponti non solo ingegneri, urbanisti e architetti ma anche i grandi romanzieri, i registi e gli storici d’arte).
E allora è proprio questo il messaggio che, dall’antica Roma ai nostri giorni, continua a risuonare sotto gli archi dei ponti, tra i cavi d’acciaio e le lastre di vetro e che Roberto Nicolucci, con il patrocinio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha avuto l’intuizione di riportarci alla mente, racchiudendolo in questo volume: “I ponti bisognerebbe costruirli. Farne ancora tanti”.
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