Napoli nel sangue – Un ritratto di Luigi Incoronato, scrittore ingiustamente dimenticato
di Pietro Spirito
Probabilmente oggi il nome dello scrittoreLuigi Incoronato(1920-1967) potrebbe risultare sconosciuto ai più, eppure la sua vita e le sue opere hanno avuto un ruolo e una rilevanza drammaticamente importanti nella Napoli laurina degli anni Cinquanta, e non solo, come ben ricordato da Raffaele LaCapria nel suo “Napolitangraffiti”, pubblicato nel 1998.
Il 26 marzo 1967 lo scrittore Luigi Incoronato fu trovato morto, suicida a 47 anni nella sua casa in vico Piedigrotta, a Napoli. Di fianco al corpo le ultime parole, scritte per il figlio:“Caro Fabio, il male mi
ha vinto, meglio concludere. Tu va avanti, fai bene e hai una via aperta. Grazie per tutto quello che hai voluto fare per me. Papà”.
Nato a Montreal nel 1920 da genitori emigrati, padre molisano, madre piemontese, tornato in Italia, era stato a Palermo, a Pisa, poi in guerra, sul fronte greco-albanese, un’esperienza traumatica, indimenticata.
Al ritorno dalla guerra, Napoli, ancora, sempre. “Gli era entrata nel sangue come una di quelle malattie che ti prendono e non ti lasciano più” scriverà nel 2007 l’amico Ermanno Rea in “Napoli Ferrovia”, come a volerlo riportare in vita.
Incoronato era napoletano d’adozione, per vocazione: si sentì come convocato da una città che aveva conosciuto in gioventù durante gli studi universitari, lui che era stato cittadino del mondo, si ritrovò “falciato dalla città spietata, dalla città cinica, egoista, meschina, vanitosa, avida, mendica, inerte, passiva, parassita”.
Un male sordo, cupo, ineludibile, che aveva spaccato irrimediabilmente l’anima di Incoronato, già inquieta,
fuori posto in un mondo verso cui aveva lottato con la letteratura, l’impegno politico come funzionario del Pci, nel continuo tentativo di cambiarlo, o anche solo di comprenderlo, e invece la realtà rilanciava le sue storture, non c’era scampo alle ingiustizie, gli si opponeva in tutta l’impossibilità di riscatto dei più deboli schiacciati dalla modernità, dall’irredimibilità della Storia.
La città livida raccontata nel romanzo d’esordio del 1950, “Scala a San Potito”…